Processo Pfas, Marcigaglia: “La sentenza è una tappa fondamentale per il riconoscimento dei danni subiti da territorio, popolazione e gestori”

Acque del Chiampo | Processo Pfas, Marcigaglia: “La sentenza è una tappa fondamentale per il riconoscimento dei danni subiti da territorio, popolazione e gestori”
Acque del Chiampo | Processo Pfas, Marcigaglia: “La sentenza è una tappa fondamentale per il riconoscimento dei danni subiti da territorio, popolazione e gestori”

28/6/2025

Processo Pfas, Marcigaglia: “La sentenza è una tappa fondamentale per il riconoscimento dei danni subiti da territorio, popolazione e gestori”

Acque del Chiampo è parte civile nel processo Pfas in cui chiede oltre 37 milioni di euro di risarcimento per i costi sostenuti per eliminare la presenza di Pfas dal 2013 sul territorio. Giovedì 26 giugno la Corte d’assise di Vicenza ha condannato 11 manager dell’ex Miteni di Trissino per l’inquinamento. I commenti di Marcigaglia, Chiorboli e Tonellotto

Renzo Marcigaglia, Presidente di Acque del Chiampo: “C’è grande soddisfazione per questa sentenza che rappresenta una tappa fondamentale per il riconoscimento dei danni subiti dal territorio e dalla popolazione a causa dell’inquinamento da Pfas e dei costi sostenuti dai gestori idrici che, insieme agli altri soggetti competenti, sono dovuti intervenire per garantire la qualità dell’acqua, sia per quanto riguarda l’acquedotto, sia per quanto riguarda gli scarichi. Acque del Chiampo sta investendo dal 2013 oltre 37 milioni di euro per combattere l’inquinamento da Pfas tra la messa in sicurezza dei centri idrici, gli interventi sulle reti e l’attività del laboratorio di analisi attraverso un impegno costante e quotidiano per la salute e l’ambiente. Il risarcimento di 500.000 euro stabilito dal tribunale è un primo passo verso il riconoscimento complessivo dei 37 milioni di euro che abbiamo chiesto costituendoci parte civile nel processo. Ma andremo avanti in fase processuale fino al risarcimento dell’intera somma richiesta per gli interventi anti Pfas, per evitare che il costo dell’inquinamento venga pagato dagli utenti in bolletta, mentre deve essere ribadito anche in fase di risarcimento il concetto che chi inquina paga. E chi ha inquinato dovrà provvedere anche al ripristino dell’ambiente, eliminando la presenza di Pfas. Nel frattempo, Acque del Chiampo con il consiglio di amministrazione, i sindaci, le altre autorità competenti e i suoi dipendenti continuerà a lavorare per garantire acqua di qualità agli utenti e fino ad ora le analisi del nostro laboratorio, dell’Ulss e degli altri enti competenti non hanno mai rilevato la presenza di Pfas al di sopra dei limiti normativi”.

Andrea Chiorboli, Direttore Generale di Acque del Chiampo: “Quando è stato rilevato l’inquinamento da Pfas nel 2013, Acque del Chiampo ha dovuto affrontare una situazione di emergenza che fino ad allora non era nota, riorganizzando quindi con la massima celerità gli acquedotti con filtri di emergenza nelle zone rosse del territorio, dove le concentrazioni erano più elevate. Come gestore idrico abbiamo sviluppato  le metodiche necessarie per monitorare il problema acquistando strumenti di laboratorio e creando competenze che prima non avevamo. Abbiamo quindi messo a terra importanti investimenti dando supporto alla regione per adeguare la rete infrastrutturale a livello veneto, in collaborazione con gli altri gestori. Ora continueremo con monitoraggi, controlli ed investimenti sul territorio in attesa della bonifica e di ricevere acqua da fonti incontaminate”. 

Avvocato Marco Tonellotto, difensore Acque del Chiampo nel processo come parte civile: ”Vi è soddisfazione per la pronuncia della Corte d’Assise, che conferma interamente la linea difensiva che era stata seguita sin dagli esordi di questa vicenda. La sentenza di ieri, inoltre, non ha evidentemente accolto le tesi dei responsabili, che miravano ad addebitare l’inquinamento al sistema industriale della Valle del Chiampo. L’allocazione delle responsabilità è netta e inequivocabile. Ovviamente, l’avvenuto accertamento del disastro e dell’avvelenamento pone un problema molto serio, quello della riparazione della matrice ambientale acqua e del pieno ripristino di quelli che sono i suoi utilizzi naturali. Finora questo gravoso impegno è stato sostenuto soltanto dai gestori idrici, senza alcun contributo da parte dei condannati e dei responsabili civili, ICIG e Mitsubishi Corporation, che mai hanno cercato una soluzione e si sono proposti di intervenire. E questo lascia veramente perplessi, soprattutto da parte di realtà,come la seconda, che fanno della sostenibilità ambientale una bandiera. Credo che questa loro incomprensibile scelta stia anche alla base della severità della condanna espressa dal Tribunale. La sentenza, quindi, rappresenta l’inizio di un nuovo percorso, funzionale non solo a recuperare dai responsabili l’intero ammontare dei costi sostenuti da Acque del Chiampo, ma il cui obiettivo è quello di portare gli stessi all’effettuazione degli interventi di ripristino ambientale, diversi da quelli di bonifica, aprendo se necessario un nuovo fronte penale, quello dell’omesso ripristino, che è una conseguenza inevitabile della decisione giudiziale di ieri”.